19 Febbraio 2023 - San Corrado Confalonieri

19 FEBBRAIO 2023 - SAN CORRADO CONFALONIERI
Oggi - 19 febbraio 2023 - VII e ultima domenica del Tempo Ordinario, Pasqua settimanale che ha la precedenza sulle altre celebrazioni, la Chiesa ricorda, tra i vari santi e beati, il Beato Corrado Confalonieri (conosciuto anche come “Corrado da Piacenza” o “Corrado da Noto”), eremita, terziario francescano e confessore. Corrado, questo il suo nome di battesimo, nacque nel 1290 a Calendasco, paesino sulla riva del fiume Po appartenente al feudo di Piacenza, in territorio del Sacro Romano Impero (oggi omonimo comune in provincia di Piacenza, regione Emilia-Romagna). La sua famiglia d’origine, proprietaria di vasti territori in zona, ricevuti in dono per la fedeltà al papato, era tra le più nobili casate “guelfe” di Piacenza (Quelle dei “Guelfi” e dei “Ghibellini” erano due fazioni politiche in acerrima contrapposizione tra loro; la prima favorevole al primato della Chiesa, la seconda a quello dell'Impero). Sposatosi felicemente con la nobildonna piacentina Giovannina, passò la giovinezza nello sfarzo del suo lignaggio e dedito ai piaceri mondani, tra i quali la caccia per la quale nutriva grandissima passione. Tramanda la tradizione che un giorno d’estate, con un gruppo di familiari, amici e servitori, partì per una battuta venatoria nei dintorni del feudo, in una zona fitta di boscaglie lungo le sponde del Po. A un certo punto, un capo di selvaggina che con gli altri inseguiva a cavallo, cercò scampo nella macchia impenetrabile. Non riuscendo in alcun modo a stanarlo, ordinò imprudentemente di dare alle fiamme la fitta selva, per costringerlo a uscire all’aperto. Purtroppo, però, ben presto i suoi uomini non furono più in grado di controllare il fuoco, che, agevolato da un forte vento, prima di estinguersi divenne uno spaventoso rogo che in poco tempo bruciò boschi, messi, case e capanne di tutta la zona (che da allora porta il nome di “Case Bruciate” o “La Bruciata”). Profondamente colpito e spaventato di fronte al disastro cagionato per sua leggerezza, Corrado fece subito ritorno a Piacenza con tutto il raggruppamento, non facendo trapelare nulla dell’acceduto. Al di fuori dei pochi familiari e dei fidati amici e servitori partecipanti alla battuta, nessuno era stato testimone del disastro, e la fedeltà alla sua persona, frammista alla paura, tenne suggellate tutte le bocche che avrebbero potuto parlare. Tuttavia, i proprietari terrieri e i contadini del luogo, rimasti sul lastrico, protestarono animatamente presso le autorità, che ordinarono un'inchiesta. Non appena la notizia si propagò in città, subito si scatenò la ricerca del colpevole, che ingiustamente fu trovato in un povero vagabondo innocente solito accamparsi nella predetta località, perfetto capro espiatorio. Il malcapitato, accusato d’incendio doloso e disastro, fu arrestato solo perché trovato nei boschi vicino al luogo dell'incendio. Occorreva a tutti i costi trovare un responsabile da punire esemplarmente e, poiché le prove a suo carico parvero sufficienti allo scopo, venne senz'altro condannato a morte. La notizia della tremenda sanzione verso l’incolpevole vagabondo, però, trafisse intensamente l'animo sensibile e già scosso di Corrado, che non riusciva a darsi pace per la gravissima ingiustizia che stava per perpetrarsi a causa sua. Il buon Dio fece così breccia nel suo cuore incancrenito dal peccato e, il giorno stabilito per la pubblica impiccagione del poveretto, sulla principale piazza cittadina, si presentò anch’egli, non esitando a interrompere coraggiosamente l’esecuzione della sentenza, avvalendosi dei privilegi del suo rango, scagionando l’innocente e confessando pubblicamente ai giudici la propria colpevolezza, chiarendo come fossero andate veramente le cose. All’epoca la giustizia aveva sempre “due pesi e due misure”, soprattutto quando si trattava di nobili. Così, adducendo la scusa che non si trattava di dolo, ma di responsabilità colposa dovuta a mera imprudenza, fu semplicemente condannato a risarcire tutti i danni arrecati dalle fiamme e alla confisca dei propri terreni in quella zona, evitando la condanna capitale e altre pene corporali. Corrado era ricco, ma l'incendio era stato rovinoso. Quando l'ultimo danneggiato fu risarcito, egli aveva finito non solo tutte le sue ricchezze, ma anche quelle della moglie. La vicenda ebbe però il merito di convertirlo profondamente, inducendolo a cambiare vita e meditare seriamente sul senso della stessa, avvicinandolo sempre più al Signore. Quel drammatico avvenimento aveva illuminato di nuova luce l’esistenza sua e della pia moglie, come un segno del Cielo. D’accordo con la coniuge vendette gli averi restanti e ne diede il ricavato ai poveri. Poi decise, di comune accordo con la consorte, di donarsi a Dio quale Terziario Francescano, mentre lei fece la stessa scelta come suora Clarissa. Intorno al 1335, la moglie Giovannina rivestì così l'abito delle poverissime figlie di Santa Chiara, entrando nel convento di Piacenza, mentre Corrado si unì ad alcuni devoti eremiti che vivevano fuori della città, nel natio borgo di Candelasco, sotto la regola del Terz'Ordine Francescano. Nel natio villaggio visse nell’ospizio dei Terziari Penitenti di San Francesco, dove si ritirò per alcuni decenni. I suoi meriti furono così luminosi che molti fedeli e ammiratori presero a visitarlo, a cercarne il consiglio e a seguirlo. Per questo Corrado, amante della solitudine, preferì allontanarsi dai luoghi natii, incamminandosi verso Roma. Nel suo lungo peregrinare, eremita itinerante secondo la tradizione francescana, attraversò la penisola verso sud, pregando sulle tombe degli apostoli a Roma, per poi continuare il viaggio fino a varcare il mare e toccare l’isola di Malta, fermandosi infine definitivamente in Sicilia intorno al 1340. Qui, nella Valle di Noto, non lontano da Siracusa, in vista del mare Ionio, visse trent'anni, prima presso un ospedale e poi come eremita sui monti, dedito alla preghiera. Anche qui volò alta la fama della sua santità e delle durissime privazioni cui si sottoponeva volentieri. Ogni venerdì egli scendeva a Noto e, dopo essersi confessato, pregava a lungo davanti a un celebre crocefisso che si conserva ancora nella cattedrale della città. Qui si legò in stretta amicizia con il religioso Guglielmo Buccheri (1309-1404), un vecchio scudiero del re di Sicilia Federico II d'Aragona, che le vicende della vita e la conversione portarono a fare una scelta d'eremitaggio simile alla sua e che diventerà anch’egli Beato. Questi ospitò Corrado nelle cosiddette “Celle”, abitazioni isolate nei pressi della Chiesa del Crocefisso, dove rimase per circa due anni, fino al ricominciare delle sue peregrinazioni, quando il suo eremitaggio fu compromesso dalle sempre più numerose persone che lo cercavano sui monti, per chiedergli preghiere e consigli. Corrado, che desiderava la solitudine e il contatto con Dio, soffriva per tutte queste attenzioni e si trasferì in zone più remote. La sua era una vita ascetica al pari dei grandi Padri del Deserto. Durante questo periodo gli sono stati attribuiti molti e portentosi miracoli, come le diverse immediate guarigioni di malati gravi. Ma il miracolo più famoso rimane quello dei pani, compiuto durante la terribile carestia che colpì la Sicilia negli anni 1348 e 1349, durante la peste nera che imperversava in tutta Europa. Secondo la tradizione, in quel periodo di fame, chiunque si rivolgeva a Corrado non tornava a casa senza un pane caldo miracolosamente comparso. Corrado morì all’età di sessantuno anni, nella sua isolata grotta detta “dei Pizzoni” sui monti attorno Noto, il 19 febbraio 1351, con al fianco il suo confessore. Il racconto narra di un trapasso avvenuto in ginocchio e in preghiera con gli occhi rivolti al cielo, posizione mantenuta anche dopo il trapasso, mentre una luce particolare avvolgeva l’antro. Fu seppellito nella Chiesa di San Nicolò della stessa città, secondo la sua volontà, ma in seguito il corpo fu traslato nella locale Cattedrale ove tuttora è venerato. Egli è anche Patrono della città. Fu beatificato da papa Leone X nel 1515. In seguito, papa Urbano VIII, nel 1625, concesse la piena venerazione di Corrado come Santo dell’Ordine Francescano in tutto il mondo.
Roberto Moggi
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