15 Febbraio 2023 - Santi Faustino e Giovita

15 FEBBRAIO 2023 - SANTI FAUSTINO E GIOVITA
Oggi - 15 febbraio 2023 - mercoledì della VI settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa ricorda, tra i vari altri, i Santi Faustino e Giovita, martiri. Di Faustinus (Faustino) e Iovita (Giovita), questi i loro rispettivi nomi in latino, si hanno poche notizie e quasi esclusivamente del martirio. Erano due giovani praticamente coetanei, cresciuti insieme e uniti da una profonda amicizia, entrambi provenienti da nobili famiglie pagane, nati probabilmente sul finire del I o all’inizio del II secolo a Brixia, nel settentrione della provincia romana d’Italia (oggi Brescia, capoluogo dell’omonima provincia della regione Lombardia). Intrapresero tutti e due la carriera militare, distinguendosi e giungendo alla dignità di “Equites” (“cavalieri”), oltre che a una posizione di rango nell’amministrazione cittadina. In seguito, entrarono in contatto con la locale comunità cristiana e, grazie alla lunga frequentazione con il locale vescovo Apollonio (nato e morto a cavallo tra il I e il II secolo), futuro santo, si convertirono al cristianesimo, venendo battezzati proprio da quest’ultimo. Furono subito attivi nella comunità cristiana cittadina, contraddistinguendosi per l’efficace predicazione, la carità e l'esempio, acquistando la piena fiducia di Apollonio, che nominò Faustino presbitero e Giovita diacono. L'efficacia delle loro catechesi, dimostrata dalle tante conversioni ottenute, sollevò però l'avversità dei pagani, soprattutto dei molti potenti della città che temevano la diffusione del cristianesimo, tanto più se promossa, come loro facevano apertamente, anche negli ambienti sociali di elevata responsabilità civile e militare. Così, alcuni influenti personaggi pubblici pagani, approfittarono della terza persecuzione contro i cristiani ordinata dall’Imperatore Traiano (dal 98 al 117) e invitarono Italico, governatore della regione Raetia (Rezia) cui Brixia apparteneva, ad arrestare i due. Tuttavia, la morte dell’Imperatore, nel 117, ritardò la repressione del Governatore, che - considerando anche l’alto lignaggio dei due Cavalieri - si rivolse direttamente al nuovo Imperatore Adriano (dal 117 al 138), approfittando di una sua sosta nella vicina Milano mentre si recava nella Gallia in missione. Udite le accuse, quest’ultimo ordinò di arrestare i due e perseguitare tutta la comunità cristiana di Brescia, intenzionato a mantenere, in tutte le province romane, l'assoluta obbedienza religiosa agli dei da cui, riteneva, gli Imperatori traevano autorità e rispetto. Entrambi furono così incatenati e condotti innanzi al Governatore, che, come di prassi, li invitò a rinnegare pubblicamente la loro fede e a sacrificare agli dei pagani, sotto minaccia di decapitazione, ottenendone un netto rifiuto. Proprio in quel frangente, fece sosta a Brescia lo stesso Imperatore, tornato dalle Gallie, Sollecitato ancora da Italico, impose personalmente a Faustino e Giovita l'atto di devozione al dio Sole, la cui ara sacrificale è ancora oggi conservata a Brescia, all'interno del complesso monastico medioevale di Santa Giulia, ma i due eroici giovani rifiutarono ancora e colpirono la statua della divinità pagana. Furono subito condannati a essere dati in pasto alle belve del circo. Il giorno dell’esecuzione, però, condotti nella locale arena dov’erano pronte bestie feroci e affamate, alla presenza dell’Imperatore, miracolosamente non subirono danno alcuno e, anzi, le fiere fameliche restarono mansuete ai loro piedi, mentre tutti e due, col viso illuminato da una gioia sovrumana e gli occhi rivolti al cielo, a gran voce pregavano e invitavano alla conversione gli spettatori. Il prodigio spinse molti bresciani a convertirsi a Cristo. Tra questi persino la coraggiosa Afra, moglie del Governatore Italico, che in seguito sceglierà la fedeltà a Cristo, che condurrà anch’essa fino al martirio e alla gloria degli altari e Calogero (o Calocero), Ministro del Palazzo Imperiale di Roma, che rivestiva anche il ruolo di Comandante della Corte Pretoria, la guardia personale dell’Imperatore. L'imperatore sentì in grave pericolo la sua stessa autorità e ordinò che i giovani fossero scorticati vivi e messi al rogo. Tuttavia, i carnefici non riuscirono nel loro orribile intendimento e pure le fiamme, cui alla fine furono consegnati, prodigiosamente non riuscirono nemmeno a lambire le loro vesti. Le conversioni in città ebbero ancora più larga diffusione e l’Imperatore Adriano, allora, decise di far condurre i giovani lontano da Brescia, nella vicina Milano. Nel corso della prigionia in quest’ultima città, le torture procedettero incessanti e tremende, accanto al verificarsi di eventi miracolosi. Vista l'inutilità di ogni ferocia i due giovani furono trasferiti a Roma, dove furono ancora inutilmente offerti alle belve del Colosseo. Si decise infine di esiliarli a Napoli imbarcandoli su una nave colà diretta, ma una terribile tempesta, durante il viaggio, stava ormai per fare affondare la nave, quando essi con la preghiera calmarono immediatamente le acque, permettendo alla nave di giungere al porto. Nonostante la vasta serie di prodigi e le tante conversioni scaturite, le angherie verso i due continuarono, fino alla decisione di abbandonarli al loro destino in alto mare, soli su una barchetta senza remi e vele che, però, fu incredibilmente riportata a riva. L'Imperatore, sempre più meravigliato e contrariato, ordinò allora di chiudere definitivamente la questione con la decapitazione, da eseguire nella loro natia città, nella quale furono ricondotti. Così, un 15 febbraio compreso tra il 120 e il 134 circa, il neo nominato Prefetto Imperiale di Brescia, fece decapitare i due giovani eroi cristiani, poco fuori di Porta Matolfa, chiamata poi Porta Cremona. La sepoltura avvenne fuori dalle mura cittadine, nel vicino cimitero di San Latino, luogo in cui dopo il vescovo Faustino (dal 360 al 381), altro personaggio destinato a dare onore allo stesso nome con la sua santità, farà edificare la chiesa di San Faustino ad Sanguinem. Le sante reliquie dei giovani martiri sono oggi conservate a Brescia, nella chiesa a loro dedicata. Il culto dei Santi Faustino e a Giovita si diffuse verso l'VIII secolo. Risale a questo periodo la narrazione della loro coraggiosa testimonianza. I Longobardi diffusero la devozione per i due santi in tutta l'Italia. Brescia confermò con maggior forza il loro patronato sulla città dopo la prodigiosa apparizione dei due santi sulle mura della città, nel corso dei decisivi combattimenti che portarono i milanesi a levare un feroce assedio, il 13 dicembre 1438. Si narra che sulle mura di Brescia, stretta in assedio dalle truppe milanesi di Niccolò Piccinino, assoldate dal Ducato di Milano per riconquistare Brescia da poco entrata nei domini della Repubblica di Venezia, apparvero sugli spalti del Roverotto, il settore nord-est dell'antica cinta muraria, le loro figure in difesa della città. I due respinsero le palle delle cannonate a mani nude e, secondo la tradizione, il condottiero assediante sospese l’attacco, stupito e spaventato, affermando che lui combatteva contro i fanti e non contro i santi. Il 17 dicembre l’esercito milanese cessò definitivamente l’assedio e lasciò la città, libera, al suo destino. La gioia per lo scampato pericolo si trasformò subito in festa per tutti i bresciani. La festa per i Santi patroni Faustino e Giovita fu stabilita proprio in quel giorno straordinario e, di comune accordo, il comune gli innalzò, al Raverotto, appunto nel luogo della loro apparizione, il monumento che ne ricorda l’intervento miracoloso.
Roberto Moggi
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