20 GENNAIO 2023 - SAN SEBASTIANO
Oggi - 20 gennaio 2023 - venerdì della II settimana del Tempo Ordinario, la Chiesa celebra la memoria facoltativa di San Sebastiano, martire. Di Sebastianus (Sebastiano), questo il suo nome nella natia lingua latina, prima del suo martirio, si hanno poche e non sempre comprovate notizie. Esse provengono principalmente, in ordine cronologico, dal calendario “Depositio Martyrum” (“Deposizione dei martiri”) del 354, il più antico della Chiesa di Roma; dal “Commento al salmo 118” del vescovo e dottore della Chiesa Sant'Ambrogio (340-397); dal “Passio Sancti Sebastiani” ("Passione di San Sebastiano") del monaco del V secolo Arnobio “il Giovane” e dalla “Legenda Aurea” del vescovo Jacopo da Varagine o da Varazze (1228-1298). Da tali fonti sappiamo che Sebastiano nacque probabilmente nel 253 o 263, verosimilmente a Mediolanum (oggi Milano, capoluogo della regione Lombardia), anche se altre fonti collocano i suoi natali a Narbo Martius Narbona, capoluogo della Provincia Romana della Gallia Narbonense (oggi Narbona, nel sud-ovest della Francia), da un’importante famiglia romana. In ogni caso, a prescindere dal luogo di nascita, visse la sua infanzia e giovinezza nel capoluogo lombardo, dove fu finemente educato e istruito cristianamente, acquisendo grande cultura e maturando una salda fede. Ancora giovane si trasferì a Roma, dove si arruolò nel corpo militare d’assoluta eccellenza dei Pretoriani, ristretta compagine armata alle dirette dipendenze dell’imperatore, del quale costituivano la guardia del corpo. Qui fece presto carriera, fino a diventare alto ufficiale sotto il regno dell’imperatore Diocleziano (dal 284 al 305), divenendo uno dei personaggi più importanti a Corte, oltre che il comandante della prestigiosa Prima Coorte della Prima Legione, di stanza a Roma per la difesa dell’Imperatore. Ma egli non era felice, anzi, spiritualmente tormentato, dopo lungo discernimento comprese che tutto quel prestigio, quei sorrisi finti, quelle ricchezze e quelle dignità, non erano che lacci con i quali il demonio gli tendeva una trappola per farlo cadere, decidendosi a seguire il Signore Gesù, di cui da tempo sentiva la chiamata. Avrebbe voluto lasciare al più presto ogni cosa del mondo, compresa la carriera militare, ma, per poter portare concreto aiuto, conforto e incitamento ai cristiani perseguitati in quel periodo, ritenne di conservare per il momento il proprio “status”. Così, forte del proprio autorevole ruolo che “gli apriva tutte le porte”, nonostante i gravissimi rischi cui si esponeva consapevolmente, cercò di alleviare in ogni modo le sofferenze dei fratelli di fede. Spesso entrava nelle carceri vestito da alto ufficiale, per confortare i condannati a morte e incitarli a resistere e affrontare il martirio. Inoltre provvedeva alla sepoltura dei martiri giustiziati e diffondeva il Vangelo, convertendo alla fede in Cristo un numero altissimo di persone, anche di alto lignaggio e con importanti cariche pubbliche. Tuttavia, i tempi erano duri e la vessazione dei cristiani sempre più feroce, su istigazione del consigliere imperiale Galerio. Secondo la tradizione, un giorno, sulla via Labicana appena fuori Roma, fece degnamente seppellire i corpi dei martiri Claudio, Castorio, Sinforiano e Nicostrato (oggi noti come “Santi Quattro Coronati”), che erano stati giustiziati in loco per la loro fede in Gesù. Fu sorpreso, arrestato e subito condotto, in ragione della sua carica, prima dal cesare Massimiano (250-310) e poi dallo stesso imperatore Diocleziano. Quando quest’ultimo, che aveva in profondo odio i cristiani, apprese che anche Sebastiano lo era, andò su tutte le furie, rinfacciandogli di averlo tradito nonostante l’avesse sempre considerato e trattato come uno dei maggiorenti del suo Palazzo, minacciandolo di morte se non avesse sacrificato agli dei pagani. Ciò nonostante, Sebastiano rimase saldo nella fede in Cristo e non volle in alcun modo abiurarla, anche sotto tortura, venendo pertanto condannato a essere trafitto a morte dal lancio di frecce. Fu quindi condotto sul colle Palatino, denudato, legato a un palo o forse a un albero e trafitto da un nugolo di dardi scagliatigli addosso dagli arcieri. I soldati, al vederlo ricoperto di sangue e privo di sensi, con i dardi conficcati nella carne, lo credettero morto e lo abbandonarono sul luogo senza sepoltura, in segno di dispregio, affinché se ne cibassero le bestie selvatiche. Tuttavia, Sebastiano sopravvisse miracolosamente e la pia matrona Irene (anch’essa diventata poi santa con la specificazione “di Roma”), mentre ne recuperava il corpo per dargli degna sepoltura, si accorse che era ancora vivo, trasportandolo nella sua dimora sul medesimo colle Palatino, dove si prese cura di lui, medicandogli le molte ferite con evangelica dedizione, tanto da riportarlo in salute. A questo punto Sebastiano, nonostante i suoi compagni di fede gli consigliassero di abbandonare al più presto la città, decise coraggiosamente di rimanere e proclamare apertamente la sua fede a tutta la corte imperiale e allo stesso imperatore. Raggiunse temerariamente Diocleziano e il suo associato Massimiano mentre presiedevano le funzioni religiose pagane nel tempio di Ercole, vantando la sua prodigiosa salvezza voluta da Dio e rimproverandoli aspramente per le persecuzioni contro i cristiani. Sorpreso e colmo d’ira nel vederlo ancora vivo, Diocleziano diede freddamente disposizione che fosse flagellato a morte. Quest’ordine fu eseguito nell’ippodromo romano del Palatino, dove Sebastiano, sotto i crudeli colpi della frusta, rese l’anima a Dio nel 288 o nel 304. Il suo corpo fu poi gettato per sfregio nella Cloaca Maxima, la fogna di Roma, da dove, una volta nascostamente recuperato dai cristiani, fu trasportato e sepolto nel cimitero dell’Urbe denominato “ad Catacumbas”, sulla Via Appia, dove, fino a tutto il VI secolo, molti pellegrini visitavano la sua tomba. Dopo tutta una serie di trasferimenti e divisioni delle sue reliquie, la testa fu collocata in un prezioso reliquiario, che papa Leone IV (847-855) trasferì poi nella basilica romana dei Santi Quattro Coronati, dove tuttora è venerato. Gli altri resti, nel XVII secolo, furono posti all’interno di un’urna sistemata in una cappella della nuova basilica capitolina a lui dedicata sulla via Appia Antica (San Sebastiano fuori le Mura), sotto l’altare, dove si trovano tuttora. Per la sua coraggiosa ed efficace opera di assistenza ai cristiani perseguitati, fu definito da papa San Caio (dal 283 al 296) “Difensore della Chiesa”.
Roberto Moggi
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