#TCNCH - 220521
L'effetto placebo non fa che dimostrarci le straordinarie possibilità della nostra mente.
E,
al riguardo, riporto uno stralcio con il link per chi desiderasse
leggere l'intero testo, che ritengo molto interessante specialmente per
chi ha problemi di salute.
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Nel
suo libro la MENTE e il CANCRO Mariano Bizzarri. racconta l’esempio più
classico di placebo meglio documentato e convincente della letteratura e
cioè quello molto noto come il “caso dell’amabile signor Wright”. Non
esiste medico che non abbia avuto notizia o personalmente constatato di
un paziente ammalato di cancro e guarito nonostante tutto,a dispetto
della gravità del suo stato e della mancanza di esaurienti spiegazioni
mediche. Il caso dell’amabile signor Wright,documentato dallo
psicoimmunologo Bruno Kopfler nel 1952 costituisce una testimonianza
esemplare. Il signor Wright era affetto da linfoma,una neoplasia maligna
che interessa i linfociti T, cellule specializzate del sistema
immunitario, e che tende a localizzarsi a livello delle stazioni
linfonodali dando luogo a sviluppo di masse spesso imponenti. Dopo avere
sperimentato con risultati scarsi o nulli le terapie convenzionali, i
medici si erano resi conto che al paziente restava ben poco da vivere.
Le masse a livello dei linfonodi superficiali avevano raggiunto le
dimensioni di una arancia, le metastasi avevano attaccato numerosi
organi vitali, in particolare il polmone.
Le
cure dei sanitari si limitavano ormai al minimo, in attesa della
inevitabile fine. Ma il signor Wright di morire non aveva affatto
voglia. Aveva letto di un nuovo farmaco sperimentale, il Krebiozen, ed
era fermamente intenzionato a provarlo. Il Krebiozen risultò ben presto
privo di qualsiasi efficacia,ma nel frattempo si era diffusa la voce che
potesse assicurare guarigioni miracolose. Wright tanto fece che riuscì a
convincere il medico di reparto a includere il suo nome nella lista
degli ammalati sottoposti a sperimentazione con il nuovo preparato. Il
sanitario gli iniettò il farmaco un venerdì sera e se ne andò a casa.
Di
ritorno il lunedì mattina, si aspettava di trovare il paziente già
morto, date le precarie condizioni in cui lo aveva lasciato. Quale non
fu la sorpresa nel vederlo a spasso nel corridoio conversando
amabilmente con infermieri e portantini. Le masse superficiali si erano
ridotte del cinquanta per cento e la respirazione non era più affannosa.
Dopo 10 giorni dalla prima somministrazione del preparato “miracoloso”
il paziente non presentava più alcun segno visibile di malattia e potè
essere dimesso con la diagnosi di “remissione completa”. Il placebo
aveva funzionato ! Purtroppo di lì a poco cominciarono a comparire sulla
stampa i servizi sull’inefficacia del Krebiozen e Wright fu tra i primi
a leggerli. In capo a due mesi si ripresentò in ospedale con i classici
segni della ricaduta. Il medico pensò di sfruttare a quel punto
l’effetto placebo, convinto com’era che nel caso della spettacolare
remissione fosse in gioco un qualche fattore che avesse poca attinenza
con la biochimica e molta invece con la testa del paziente (=la fede nel
farmaco).Informò quindi il signor Wright che sarebbe stato sottoposto a
una nuova sperimentazione con un nuovo derivato del Krebiozen,
rinforzato e più potente. Il signor Wright, persona di indole docile,
acconsentì. Dopo avere messo in atto un elaborato cerimoniale, facendo
aspettare il paziente per lunghi giorni in ansiosa attesa, il medico gli
somministrò un sostituto inattivo del Krebiozen, cioè un placebo. Entro
pochi giorni dall’iniezione le masse linfonodali cominciarono a
regredire e il versamento pleurico a scomparire.
Wright
era stato restituito di nuovo alla vita. Lasciò l’Ospedale e per i mesi
successivi godette di ottima salute. Questa nuova tregua si interruppe
drammaticamente quando l’American Cancer Association diede l’annuncio
ufficiale:il Krebiozen era del tutto privo di efficacia nel trattamento
del cancro. A distanza di pochissimi giorni dalla lettura di quel
comunicato il signor Wright ricomparve in ospedale con il corpo
disseminato di tumefazioni.
Come ebbe a dire il medico curante “ la sua fede era perduta, l’ultima speranza svanita “.
Il paziente morì due giorni dopo……..
Di
fatto la fede e la speranza, due parole chiave nella biologia delle
guarigioni straordinarie e inspiegabili, crollarono all’annuncio
dell’American Cancer Association e il signor Wright non aveva più
trovato nulla, né fuori, né dentro di sé cui aggrapparsi. Quel suo stato
mentale, così speciale, che lo aveva portato ad attivare non si sa bene
quali energie e quali segrete risorse,era stato innescato e mantenuto
in attività da una suggestione effimera (LA FEDE nel farmaco!) ed era
perciò destinato a dissolversi con il dissolversi della suggestione
stessa. Tuttavia l’esempio riportato dal libro la MENTE e IL CANCRO è
indicativo di come una credenza, una fede, un forte convincimento,un
fatto mentale, induca trasformazioni tali nella mente e nel corpo da
attivare potenti ed efficaci difese contro una malattia considerata
inguaribile.
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